sabato 18 febbraio 2012

COME MANGIAVANO E BEVEVANO GLI ETRUSCHI

I veri progenitori della cucina toscana furono gli Etruschi che presso i Romani ebbero fama di grandi bevitori dediti ai piaceri della mensa. Queste usanze furono ritenute da alcuni scrittori latini fra le cause della loro decadenza.
La terra d'Etruria era molto fertile e produttiva: stando alle testimonianze fornite sia da reperti archeologici che da testi latini, era coltivata soprattutto a frutteti, legumi e cereali, tanto che proprio questa terra sarà in grado di rifornire di grano Roma nei difficili momenti di carestia.
La cucina degli Etruschi si basa dunque innanzi tutto sul farro la cui minestra è assai diffusa in tutte le classi sociali, così come basilare è l'uso dei legumi come lenticchie, ceci, fave. Ma i resti faunistici giunti fino a noi ci testimoniano anche il consumo nell'alimentazione della carne di bovini, ovini, suini e cacciagione, soprattutto di cervi e cinghiali che venivano cucinati alla brace su treppiedi e graticole o in grandi calderoni di bronzo e che erano ovviamente riservati alle classi più abbienti, servizi soprattutto nei banchetti, vere e proprie cerimonie che testimoniavano l'appartenenza sociale. Su queste tavole non mancava neanche il pesce, visti i ritrovamenti di ami e di reti; ma certamente questo alimento era meno diffuso rispetto alla carne perché la disponibilità era decisamente inferiore.
Diffusissimo invece era l'uso del latte e dei suoi derivati, visto che l'allevamento degli ovini, caprini e bovini era intenso, specialmente nella parte meridionale dell'Etruria.
Altresì anche le classi meno abbienti potevano arricchire la propria alimentazione con verdura e frutta che nella buona stagione veniva seccata e perfino esportata verso la Gallia. I condimenti erano prevalentemente di origine animale, ma a partire dal secolo VII a.C. veniva prodotto anche l'olio d'oliva che era usato principalmente nell'industria degli unguenti e dei profumi, ma anche nella preparazione dei cibi.
La bevanda di base, l'unica di cui ci sono giunte testimonianze, è il vino, proveniente dalla Grecia nel corso del VIII secolo a.C., ma già dal secolo successivo prodotto in tutta l'Etruria e perfino esportato in varie regioni del Mediterraneo. Un vino che non poteva essere bevuto pretto, perché fortissimo; doveva essere mescolato con abbondante acqua usando grandi vasi dalla bocca larga che consentissero di attingerlo agevolmente. Era l'unica bevanda riservata ai simposi e ai banchetti e veniva servito da anfore o brocche in coppe di varia forma da numerosi schiavi che accudivano i commensali in uno scenario piuttosto ricco, rallegrato da musica e danzatori in cui erano ammesse anche le donne (che invece non erano ammesse presso altri popoli, ad esempio presso i Greci). La partecipazione ai simposi e ai banchetti guadagnò una certa cattiva fama alle donne etrusche, soprattutto di forti e smodate consumatrici di vino.
Usanze, dunque, e cucina molto evolute sono quelle degli Etruschi che molto insegnarono ai Romani e di cui ancora oggi rimane nella terra di Toscana qualche retaggio, foss'altro l'uso sempre più diffuso (anche grazie alla moderna dieta mediterranea) dei cereali e della ormai diffusissima e apprezzatissima minestra di farro.

CHIANTI : UNA TERRA UN VINO

Il Chianti è una regione storico-geografica, simbolo della civiltà contadina toscana, che comprende le colline che sorgono fra i Monti del Chianti a ovest e i fiumi Arno, Ombrone e Arbia a est; è quindi il territorio che abbraccia la parte meridionale della provincia di Firenze e la parte settentrionale di quella di Siena. Zona collinare con un terreno roccioso su cui sembra un miracolo che su un sottile strato fertile possano essere rigogliosi, oltre al bosco, la vite, l'olivo e l'orto. Una regione geografica che ha una sua storia perché fu terra di conflitti fra Siena e Arezzo e fra Firenze e Siena, terra di santi e di combattenti, di grandi artisti, di contadini e signori, terra di colline, di poggi, con fattorie e ville, castelli e pievi, abbazie e torri mozze, borghi di pietra e severi palazzotti, terra che ha dato vita da circa cinque secoli a uno dei vini più famosi d'Italia.

CHIANTI , UN VINO DA DIFENDERE E PROTEGGERE:LE REGOLE

Qualche regola già dal 1444 era stata data dagli organismi della Lega del Chianti per difendere questo vino nel buon nome e nella qualità. Ma fu il Granduca Cosimo III che affrontò il problema in maniera organica con un bando del 1716: furono fissati i termini di produzione e di vendita, ma ne fu tutelata anche la denominazione stabilendo i confini dei territori delle varie produzioni e prevedendo pesanti sanzioni per i casi di contraffazioni e traffico clandestino. Un bando che precorreva i tempi e che garantiva i consumatori.
Fondamentale fu sotto questo aspetto l'azione del Barone Ricasoli che elaborò un vero e proprio codice del Chianti, un vino che - come scriveva nel 1870 al professor Studiati di Pisa - «riceve dal Sangioveto la dose principale del suo profumo e una certa vigoria di sensazione; dal Canaiolo l'amabilità che tempera la durezza del primo, senza togliergli niente del suo profumo per esserne pur esso dotato; la Malvagia, della quale si potrebbe fare a meno per i vini destinati all'invecchiamento, tende a diluire il prodotto delle prime due uve, ne accresce il sapore e lo rende più leggero e più prontamente adoperabile all'uso della tavola quotidiana». Oltre a indicare le uve, il codice Ricasoli dà le regole per la lavorazione, stabilendo che i raspi dovevano essere separati dalle vinacce, i tini per la fermentazione dovevano essere chiusi, la svinatura rapida e che successivamente "si stringono le vinacce, e il vino che n'esce si riunisce al primo in botti, nelle quali prosegua la fermentazione".
Nel 1878 il Chianti con le regole del barone Bettino Ricasoli trionfò all'Esposizione di Parigi.

DOVE IL VINO POTEVA CHIAMARSI CHIANTI

A partire dal XIX secolo la terra del Chianti dal punto di vista vinicolo incluse progressivamente le valli della Pesa e dell'Arbia e quasi tutta la val di Greve in quanto le loro caratteristiche ambientali non erano dissimili da quelle del Chianti storico e producevano un vino altrettanto pregiato.
Il riconoscimento ufficiale fu sancito con una legge del 1932 che inserì nel territorio di produzione tutta la Toscana centrale: un'area suddivisa in sette sottozone (Classico, Colli aretini, Colli fiorentini, Colline pisane, Colli senesi, Montalbano, Rufina) che avevano l'obbligo di produrre il vino con i tradizionali vitigni chiantigiani (Sangiovese, Canaiolo, Malvasia a cui nel frattempo si era aggiunto anche il Trebbiano) e mantenere una qualità costante. Tali confini - ufficializzati geograficamente dalla carta dell'Istituto Geografico militare di Firenze - furono ribaditi nel 1967 con una legge denominata "Disciplinare del Chianti" che creò migliaia di ettari di vigneto specializzato e fissò una rigida regolamentazione che definiva la gradazione alcolica e l'invecchiamento necessari per ottenere la qualifica "Vecchio" o "Riserva" per i vini delle varie zone. Si istituiva inoltre la denominazione di origine controllata (Doc) estesa successivamente ad altri territori: Montespertoli, Cerreto Guidi, Gambassi, Agliana, San Miniato, tutti di antica tradizione vinicola; ma ad essi non era concesso aggiungere sull'etichetta l'indicazione di provenienza del loro "Chianti".
Il vino del Chianti classico fino al 1991 si fregiava del marchio "Gallo Nero", ma dopo varie vicende giudiziarie una sentenza ne sancì il diritto all'azienda vinicola americana "Gallo Winery" di Ernest e Julio Gallo. Nacquero così le denominazioni "Chianti classico" e "Chianti geografico" (quest'ultima scelta da un gruppo di fattorie chiantigiane); anche il marchio "Putto" (usato al di fuori del Chianti classico) mutava la sua denominazione in "Colli fiorentini".
Un punto fermo nei territori nel Chianti fu stabilito - anche se non certo in modo indolore - in un convegno svoltosi nel 1997 in cui fu ribadito che il Chianti era formato da tutti i territori di Radda, Castellina, Gaiole, Greve, mentre Barberino Valdelsa, San Casciano Val di Pesa, Castelnuovo Berardenga ne vedono escluse ampie zone e Poggibonsi ne è completamente estromesso.
L'appartenenza alla regione del Chianti e i suoi confini è dunque un problema sempre aperto e discusso e sta a testimoniare il fascino indiscusso di questa terra, oggi tanto ambita dagli stranieri, tedeschi e americani soprattutto, che la vivono con profondo rispetto.
Per quanto riguarda il vino Chianti, bisogna dire che oggi è decisamente diverso da quello regolamentato dal Barone di ferro: non solo la produzione massima rispetto ai vigneti è stata quasi dimezzata, ma, eliminate le uve bianche e ridotto il Canaiolo, oggi si valorizza il Sangiovese; la gradazione alcolica ha raggiunto i 12° e 12,5° per la riserva e l'invecchiamento nelle migliori aziende mediamente raggiunge - prima dell'immissione sul mercato - i ventiquattro mesi.
L'aroma è intenso, dal profumo di mammola che, spiccato nel Chianti classico, si va progressivamente affinando con l'invecchiamento. È un vino vivo e rotondo se governato nell'annata, che diviene col tempo morbido e vellutato.
Un vino che di questa terra è un simbolo, un vanto, una ricchezza storica.

CHIANTI " LA VINIFICAZIONE "

Sono molto antiche, precisamente del 913 d.C., le pergamene ritrovate nella chiesa di Santa Caterina a Lucignano dove si parla di vinificazione in Chianti. Abbiamo notizia che nel 1023 a Grignano nella giurisdizione di Firenze furono concesse terre lavorative e vignate a un colono impegnato a migliorarle. E negli stessi anni i signori di Brolio - i Firidolfi da cui discesero i Ricasoli - fecero piantare le viti sulle pendici sottostanti al loro castello.
Nell'epoca del sorgere dei Comuni, il commercio del vino fu un'importante fonte di ricchezza, tanto che a Firenze nella seconda metà del Duecento, fra le arti minori fu fondata quella dei Vinattieri accompagnata dall'apertura di sempre nuove osterie dove gustare e punti vendita dove commerciare il vino. Il consumo del vino in questi anni non è più limitato alle tavole signorili, ma entra nell'uso popolare, presente in tutte le mense, considerato un alimento indispensabile, anche quando ci si doveva accontentare di un acquarello ottenuto dalla seconda e terza spremitura dell'uva; era un integratore di un cibo spesso scarsamente energetico e insufficiente.
La quantità in cui veniva consumato il vino in ogni ambiente sociale era - a partire dal XIII secolo - in costante aumento ovunque, nonostante fosse soggetto a tasse sempre più alte e quindi a continui rincari.
Ma il termine Chianti comparirà solo alla fine del XIV secolo: prima il vino toscano era denominato vermiglio se rosso e vernaccia se bianco. Certo è che già nel catasto fiorentino del 1427 venivano rigorosamente distinti da tutti gli altri vini toscani quelli prodotti nel "Chianti con tutta la sua provincia" perché giudicati superiori (a parte i bianchi di alcune località del Valdarno superiore). Anche prima di chiamarsi Chianti, del resto, il vino prodotto in questa zona era rinomato per un processo di vinificazione inventato poco dopo la metà del Trecento da due fiorentini e che consisteva nell'aggiungere al vino appena svinato una piccola percentuale di uva passita e di farlo rifermentare per ottenere un vino purissimo. Erano previsti inoltre albume d'uovo, mandorle amare e sale per chiarificare, pepe e petali di rosa per conferire un bel colore.
Un decisivo passo nel campo della tecnica produttiva avvenne grazie agli studi sulla vinificazione di Giovanni Cosimo Villifranchi che ci lasciò utili notizie nella sua opera Oenologia toscana (1773). Ci informa che "l'uva deve essere in buona parte Canaiolo nero con qualche quantità di San Gioveto, di Mammolo e di Marzimino", precisando le eventuali sostituzioni, il "governo" per il quale si usava il mosto sostituito, negli anni in cui il vino risultava troppo aspro o di colore troppo intenso, con il Canaiolo bianco o col Trebbiano perché il vino doveva essere "di un color di rubino molto pieno".
Precisazioni necessarie perché - scrive il Villifranchi - "molti per sete di guadagno e per non disdire le richieste tagliarono il vino Chianti con vino d'altri luoghi", tanto che fu necessario prendere la saggia risoluzione "di non lo spedire altrimenti in botti ma bensì in fiaschi".

CHIANTI "LE LEGGENDE"

A Panzano, a pochi chilometri dal paese, un oratorio testimonia il culto tributato verso la metà del XII secolo in questa terra a Sant'Eufrosino patrono del Chianti, dove sarebbe giunto dalla natia Cappadocia alla fine della travagliata vita spesa per evangelizzare molte genti e anche gli abitanti di questi luoghi dove alla fine della sua vita trovò sepoltura.
A Sant'Eufrosino sono stati attribuiti molti miracoli, avvenuti soprattutto grazie all'acqua miracolosa fornita da un pozzo che sorge in prossimità dell'oratorio e che fino a tutto l'Ottocento fu meta per i pellegrini che giungevano dai più lontani luoghi della Toscana.
Ma se la leggenda di Sant'Eufrosino è molto antica e si è perpetrata negli anni e nei secoli, è pur vero che in questa terra le narrazioni leggendarie hanno trovato origine anche in tempi più recenti. Ricordiamo quella relativa al "Barone di ferro", Bettino Ricasoli (1809-1880), così chiamato per la durezza del carattere che si manifestava sia con i contadini che con i familiari. Fu dittatore in Toscana nel 1859 in nome di Vittorio Emanuele II preparando l'annessione al Piemonte di questa regione e successivamente per due volte ricoprì la carica di primo ministro. Sulla sua morte si racconta che, mentre si stava svolgendo la cerimonia funebre nella cappella di famiglia del castello di Brolio, un forte vento spalancò porte e finestre e rovesciò quattro ceri che stavano agli angoli del catafalco e che immediatamente si spensero. Un fatto che sembrò voluto da forze ultraterrene per significare la scomunica inflitta al barone che si era adoperato per sopprimere alcuni ordini religiosi e per confiscare numerosi beni ecclesiastici. Nel Medioevo infatti il rito di scomunica prevedeva che quattro ceri venissero spenti capovolti violentemente al suolo come segno della perdita della luce divina e della condanna alle tenebre dell'inferno.
Da quel momento lo spettro del barone di ferro cominciò a manifestarsi ovunque a piedi o a cavallo, nel parco e sui bastioni del castello con grandi rumori e fracassamenti.
Per esorcizzare tale presenza fu chiamato un frate cappuccino che richiese una seconda cerimonia funebre durante la quale, mentre la bara portata a spalle si faceva sempre più pesante, nuovamente si scatenarono i venti che si placarono solo grazie a un esorcismo che riuscì a incatenare l'anima del padrone in una macchia poco lontano dal castello. E ancora oggi è lì che il barone - si dice - continua a manifestarsi con latrati spaventosi e rumore di cavalli al galoppo e di ruote di carri.

CHIANTI , IL SUO VINO E GRANDI PERSONAGGI

Molti sono i piatti caratterizzati dall'aroma del vino Chianti che di questa terra è l'elemento dominante, apprezzato in tutti i tempi, certamente a partire dagli Etruschi e dai Romani (anche se quali fossero le caratteristiche di tale vino non è dato sapere). E quando successivamente le invasioni barbariche sconvolsero il nostro paese, in questa zona appartata i monaci benedettini e vallombrosani si dedicarono a trascrivere documenti legati all'agronomia e alla viticoltura e a metterne in pratica le regole, diffondendo questa preziosa cultura, custodita in badie come Coltibuono, Passignano, Poggialvento.
Negli anni, soprattutto dopo il Mille, si intensificò in tutta la zona la coltura "specializzata" della vite, coltivata in forme basse, a filari, spesso protetta da brolii o addirittura dalle mura cittadine per difenderla dai danni del bestiame e dai furti. La toponomastica di alcune strade fiorentine lo dimostra. Via della Vigna Vecchia, via della Vigna Nuova, via Vinegia, Santa Maria in Vigna (successivamente Santa Maria Novella) testimoniano la presenza della vite non solo ai margini ma anche all'interno stesso della città. Vigne molto protette, dunque: gli estranei non vi potevano entrare, i danni che potevano essere provocati da uomini o animali erano duramente puniti, la distruzione poteva addirittura meritare la tortura. E, d'altra parte, il vino era soggetto a una fiscalità pesante e la qualità era pagata in base alle valutazioni del Catasto.
Il vino Chianti è ospitato in molte pagine di personaggi di primo piano che con la terra del Chianti ebbero rapporti.
Michelangelo Buonarroti (1475-1564) che nel Chianti ebbe delle proprietà non risparmia nel suo epistolario elogi al vino Chianti che produceva, beveva e offriva agli amici con grande entusiasmo, tanto che trovò modo di farne dono di un barilotto al papa; e Machiavelli (1469-1527) quando, sospettato di congiura antimedicea, cercò rifugio nei suoi "poveri" poderi del Chianti dalla sua casa, l'Albergaccio in Sant'Andrea in Percussina dove stava scrivendo il Principe, amava recarsi all'osteria a "ingagglioffirsi" (come lui stesso scrive), a bere e giocare, prima di rivestire "panni curiali" per disquisire sui temi della politica di cui fu grande innovatore.
E di Galilei (1564-1642) l'allievo Vincenzo Viviani ricorda che nella sua villa presso Grignano il grande scienziato dimenticava le accuse di eresia dilettandosi "nella delicatezza de' vini e delle uve e del modo di custodire le viti, ch'egli stesso di propria mano le potava e legava nelli orti".
Ma non dimentichiamo Francesco Redi (1626-1698) che pur ponendo al primo posto il vino di Montepulciano che "d'ogni vino è re" tesse le lodi del nostro Chianti con questi versi: «Lingua mia già fatta scaltra / gusta un po', gusta quest'altro / vin robusto che si vanta / d'esser nato in mezzo al chianti?». Un vino definito "maestoso, imperioso" che dal cuore «scaccia senza strepiti ogni affanno e ogni dolore».
Un vino dunque che in qualche modo coincide con la vita, la storia, le tradizioni della sua terra; terra che può farsi vanto di apprezzamenti da parte di grandi personaggi di ieri come di oggi appartenenti a tutte le arti, non ultima la musica. È bello ricordare che proprio la terra del Chianti ha dato vita alla ormai famosissima Accademia Chigiana. Infatti nel 1923 in seguito a un incontro del conte Chigi Saracini con Arrigo Boito, avvenuto nella sua secentesca villa che si trova nei pressi di Castelnuovo Berardenga, nacque la famosa accademia che prese il nome dal padrone di casa e che solo diciannove anni dopo fu trasferita a Siena da dove la sua fama si è diffusa in tutto il mondo.

sabato 11 febbraio 2012

IL VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO

Storia del vino a Montepulciano

Montepulciano e il vino di qualità: un connubio che ha profonde radici storiche e che appare ormai inscindibile.
In questa piccola area del sud - est della Toscana, già caratterizzata dalla straordinaria ricchezza di un patrimonio artistico e paesaggistico in cui si incontrano e si fondono un bellissimo territorio ed una conformazione architettonica del centro abitato rimasta inalterata dal 1580, nascono vini di eccezionale pregio che fanno apparire questa terra quasi come "privilegiata". In realtà il vino, come altri prodotti del lavoro e dell’ingegno dell’uomo, non viene alla luce "per caso" a Montepulciano. Anzi è ormai unanime la convinzione opposta e cioè che solo grazie ad un territorio con queste caratteristiche e ad una cultura, ad una civiltà profondamente sviluppata ed attenta alla tutela ed alla valorizzazione del proprio bagaglio di capacità ed esperienze, poteva nascere una bevanda di pregio come il "Nobile".

La storia di Montepulciano è da sempre intimamente legata alla fama delle sue vigne e del suo vino.
Un' antica leggenda vuole Montepulciano fondata per volontà del re etrusco Lars Porsenna. Si dice, infatti, che egli si trasferì da Chiusi sull'antico colle di Mons Mercurius seguito dagli abitanti di Chiusi che più tardi cambiarono il nome del colle in Mont Politicus.
Fin dalle sue origini remotissime Montepulciano fonde con il vino la sua storia come testimonia una kylix (tazza da vino) a figure rosse di produzione chiusina rinvenuta nel 1868, insieme a numerosi oggetti in bronzo in una tomba etrusca nei pressi del paese toscano. La tazza, infatti, recava la rappresentazione di Flufluns, il Bacco etrusco dio del vino, che gioca insieme ad una menade al cottabo, un gioco in cui il vino era protagonista.

Livio nelle sue "Storie" (V,33), riferisce che i Galli calarono in Italia attratti proprio dal vino di quelle colline che un etrusco di Chiusi, tal Arunte o Arrunte, aveva fatto loro assaggiare per convincerli a varcare le Alpi e vendicarsi così del suo Locumone, per una banale questione di gelosia.

Comunque, il documento più antico riferibile al vino di Montepulciano è del 789: il chierico Arnipert offre alla chiesa di San Silvestro o di San Salvatore a Lanciniano sull'Amiata, un pezzo di terra coltivata a vigna posta nel castello di Policiano. In seguito il Ripetti nel suo "Dizionario storico e geografico della Toscana" cita un documento che risale al 1350 nel quale si stabiliscono le clausole per il commercio e l'esportazione del vino di Montepulciano.
E' comunque documentato fin dall'Alto Medioevo che i vigneti di Mons Pulitianus producevano vini eccellenti e alla metà del 1500 Sante Lancerio, cantiniere di papa Paolo III Farnese, celebrava il Montepulciano “perfettissimo tanto il verno quanto la state odorifero, polputo, non agrestino, né carico di colore, sicchè è vino da Signori” per le tavole dei nobili, appunto, anche se le etichette più remote indicavano semplicemente Rosso Scelto di Montepulciano.
Passando dal periodo medevale al XVII secolo, ricordiamo come Francesco Redi, insigne non solo come medico e naturalista, ma anche come poeta, esaltasse, nel suo ditirambo "Bacco in Toscana" del 1685, con tanta efficacia il vino. Il Redi immagina che Bacco e Arianna elogino i migliori vini della Toscana:

Bella Arianna con bianca mano
versa la manna di Montepulciano,
colmane il tonfano, e porgilo a me.
Questo liquore, che sdrucciola al core,
oh, come l'ugola e baciami e mordemi!
oh, come in lacrime agli occhi disciogliemi!
Me ne strasecolo, me ne strabilio
e fatto estatico vo in visibilio.
Onde ognun che di Lieo
riverente il nome adora,
ascolti questo altissimo decreto,
che Bassareo pronuncia e gli dia fé:
Montepulciano d'ogni vino è Re!

Il poemetto ebbe un grande successo ed arrivò, di corte in corte, nelle mani di Guglielmo III re d'Inghilterra, di Scozia e d'Irlanda. Forse è proprio al Redi e alla celebrità che procurò ai vini toscani con il suo scritto che si deve la predilezione del re Guglielmo per questi vini. Ne è testimonianza il viaggio compiuto nel 1669 da una delegazione inglese nel Granducato di Toscana per procurare alla corte inglese il Moscadello di Montalcino ed il Vino Nobile di Montepulciano.
La storia di questo vino prosegue fra elogi fino all'ottocento, quando ai successi di alcune cantine enologiche in importanti concorsi alla metà del secolo, si affianca il giudizio severo dell'enologo di Sua Maestà Britannica in occasione dell'esposizione di Vienna del 1873, dove si lamenta la presenza di un solo campione di Montepulciano di una mediocrità che rendeva assai dubbia l'importanza degli encomi del Redi.

All'inizio del 1900 il Vino Nobile di Montepulciano sembra qualcosa appartenente al passato, finchè alla prima mostra mercato dei vini tipici svoltasi a Siena nel 1933, organizzata dall'Ente Mostra-Mercato Nazionale dei vini tipici e pregiati, la Cantina Fanetti, una delle aziende ancora attive a Montepulciano, presenta un vino rosso pregiato che ottiene larghi consensi. L'esempio fu seguito da altre aziende e nel 1937 viene fondata una cantina sociale con l'intento di creare una struttura per la commercializzazione del vino prodotto anche dai piccoli coltivatori. La maggior parte del vino prodotto era Chianti; modeste le quantità del Nobile. Oggi, invece, la cantina sociale produce la maggior parte del Nobile imbottigliato.

Negli anni sessanta si assiste al risveglio della vitivinicultura indirizzata soprattutto verso la produzione di Vino Nobile piuttosto che del Chianti. I contributi dello Stato e della CEE, con i quali le aziende hanno riconvertito gli impianti vitati secondo le esigenze dettate dalla DOC (1966), hanno permesso a nuove aziende di entrare sul mercato.

Il riconoscimento come DOCG arriva nel 1980 e il Vino Nobile comincia una nuova vita.
In aggiunta l'istituzione della Doc Rosso di Montepulciano si affianca a quella del Vino Nobile di Montepulciano, distinguendosi da essa unicamente per quanto riguarda resa per ettaro, gradazione alcolica ed invecchiamento, mentre l'area di produzione è la stessa; è data facoltà ai singoli produttori di indirizzarsi ad una delle due DOC, in considerazione dell'esposizione dei terreni, del decorso climatico della stagione e di tutti gli altri elementi che possono rendere più adatto l'impiego delle uve per la produzione dell'uno o dell'altro vino.
Il passato glorioso e l’importanza del legame tra il territorio di Montepulciano, la sua storia e il Vino Nobile sono tuttora gli elementi essenziali per garantire, nel presente come nel futuro, qualità e autenticità a tutto ciò che viene da questa “terra nobile”.

Nobile spot n.7-una tradizione
diretto da Andrea Testini
prodotto da Mediahead

Nobile spot n.2-una passione
diretto da Andrea Testini
prodotto da Mediahead

Nobile spot n.1 - una terra
diretto da Andrea Testini
prodotto da Mediahead

giovedì 2 febbraio 2012

PASSATO E PRESENTE DI DUE FAMIGLIE FIORENTINE " I MAZZEI E I CORSINI"

Il passato
La storia della famiglia Mazzei è strettamente legata non solo a quella della vitivinicoltura in Toscana ma anche a tutta la vita politica e culturale della regione.
I primi documenti riguardanti i Mazzei - originari della zona vinicola di Carmignano - sono dell'inizio del XI secolo.

A quest’epoca risale lo stemma più antico della famiglia, che riporta tre martelli di legno, arnesi tipici dell'arte dei Maestri Bottai e Dogai. È invece nel Trecento che nello stemma appaiono le tre mazze di ferro che vi figurano ancora oggi. Fin dalle loro origini, i Mazzei, svolgono l'attività di viticoltori e partecipano attivamente alla vita mercantile e professionale a Firenze, giungendo a occupare importanti cariche di governo.

Ser Lapo Mazzei (1350-1412), viticoltore a Carmignano e appassionato all'arte del vino, è Notaio della Signoria fiorentina, Ambasciatore e Proconsole dell'Arte dei Giudici e dei Notai. Anche il fratello Lionardo coltiva vigneti a Carmignano, nella proprietà di Grignano, ove produce vino seguendo i consigli del più esperto Ser Lapo.

Ser Lapo Mazzei è autore di un voluminoso e interessantissimo epistolario, realizzato con il grande mercante Francesco Datini. Documento ricco di consigli giuridici ed economici, ma anche agronomici e enologici. La vinificazione, l'acquisto e la conservazione del vino costituiscono negli scritti di Ser Lapo un punto di ricorrente attenzione: "non vi curate della spesa di quel vino, benché egli fosse caro: la bontà ristora" scriveva al Datini nel 1394, con un invito a vincere la sua parsimonia e ad apprezzare la qualità.

Ser Lapo Mazzei è anche considerato il “padre” della denominazione Chianti: a lui si deve il primo documento conosciuto sull'uso della denominazione, apparsa in un contratto commerciale a sua firma, datato 16 dicembre 1398.

"E de' dare, a dì 16 diciembre (1398),fiorini 3 soldi 26 denari 8 a Piero di Tino Riccio,per barili 6 di vino di Chianti ....li detti paghamo per lettera di Ser Lapo Mazzei".
(Archivio Datini)

Primo documento conosciuto sull'uso della denominazione "Chianti" -È alla nipote di Ser Lapo Mazzei, Madonna Smeralda, andata in sposa a Piero di Agnolo da Fonterutoli, che i Mazzei devono la proprietà di Fonterutoli, trasmessa dal 1435 fino a oggi, attraverso 24 generazioni.Altra figura storica di rilievo della famiglia è Filippo Mazzei (1730-1816). Personaggio eccentrico e inquieto, viaggiatore del mondo, intellettuale e studioso, fu invitato dall' amico Thomas Jefferson, futuro presidente degli Stati Uniti, a piantare un vigneto nella sua residenza di Monticello, in Virginia. Vi giunse con un gruppo di vignaioli toscani e realizzò i primi vigneti di quella zona del Nuovo Mondo.

"I thank you for your obliging act of the culture of the wine, and I am happy to hear that your plantation of them is in so prosperous a way"
(George Washington il 1° luglio 1779)

Rimasto in America, Filippo si fece coinvolgere nella vita politica degli Stati Uniti, e le sue idee riguardo all’uguaglianza degli uomini folgorarono Jefferson che ne fece uno dei punti cardine della Dichiarazione d’Indipendenza Americana: “All men are created equal”. Filippo Mazzei è per questo motivo considerato un "American Patriot".
The past
The history of the Mazzei family is closely linked not just to the history of winemaking in Tuscany, but to the political and cultural history of the entire region. The first documents that name the Mazzeis – originally from the winemaking area of Carmignano – date back to the early eleventh century.

The family coat of arms, bearing three wooden hammers, tools emblematic of the cooper’s trade, also dates back to this time. In the fourteenth century, the coat of arms instead displayed three iron maces that still adorn it today. Since the very beginning, the Mazzeis have been winemakers and active participants in Florentine cultural and commercial life, even holding important posts in city government.

Ser Lapo Mazzei (1350-1412), a winemaker from Carmignano, dedicated to the art of making fine wine, was a Notary of the Florence city government and Proconsul of the Art of Judges and Notaries. His brother Lionardo also cultivated vineyards in Carmignano, in the Grignano estate, where he produced wine according to the instructions of his more expert brother, Ser Lapo.

There is a voluminous and quite interesting series of correspondence between Ser Lapo Mazzei and Francesco Datini, the famous Merchant of Prato. The document is rich in juridical and commercial advice and also contains many comments referring to agronomy and oenology.Winemaking, purchasing and storage are recurrent themes in Ser Lapo’sepistles: " don’t concern yourself about the cost of the wine, though it be high: its goodness is restorative.", he wrote to Datini in 1394, inviting him to overcome his parsimony and appreciate its quality.

Ser Lapo Mazzei is also considered the “father” of the Chianti name: he authored the first known document using the denomination, a commercial contract bearing his signature, dated December 16, 1398.

" To be paid, on December 16 (1398), 3 florins, 26 soldi and 8 dinars, to Piero di Tino Riccio, for 6 barrels of Chianti wine....the above pay by letter of Ser Lapo Mazzei ".
(Datini Archives)

First known mention of the term “Chianti” in an official documentIt is the granddaughter of Ser Lapo Mazzei, Madonna Smeralda, who was married to Piero di Agnolo da Fonterutoli, that the Mazzei family owes the ownership of Fonterutoli, passed down from 1435 until today, across 24 generations. Another important historical figure in the family was Filippo Mazzei (1730-1816). An eccentric and restless traveler, intellectually inclined and scholarly, he was asked by his friend Thomas Jefferson, future president of the United States, to plant a vineyard at his estate in Monticello, Virginia. He undertook the journey with a group of vineyard workers and planted the first vineyards in that part of the New World.

"I thank you for your obliging act of the culture of the wine, and I am happy to hear that your plantation of them is in so prosperous a way"
(George Washington, July 1°, 1779 )

Having remained in America, Filippo got involved in the new nation’s political life, and his ideas regarding equality struck Jefferson, who drew from them one of the founding principles of the Declaration of Independence: “All men are created equal”. For this reason, Filippo Mazzei is considered an "American Patriot".
Il presente
Ancora oggi, dopo quasi sei secoli, la famiglia Mazzei - sotto la guida di Lapo, che con i figli Filippo e Francesco conduce le proprietà - si dedica all'attività vitivinicola con un impegno costante e innovativo nel rispetto del territorio.

Mantenere vivi i valori della storia e della tradizione famigliare, declinandoli in funzione delle esigenze di mercato ma anche delle opportunità offerte dalle moderne tecnologie: questo l’obiettivo che si pone oggi la famiglia Mazzei, alla guida dell’azienda.

In questo quadro, si collocano quindi diverse importanti scelte strategiche, come l’adozione dei più moderni sistemi di tutela dell’ambiente (a cominciare da quelli per l’autoproduzione di energia), o, per altro verso, la progressiva creazione di un vero e proprio Gruppo vitivinicolo, attraverso l’acquisizione di aziende vitivinicole nelle due aree considerate più promettenti in Italia: Maremma e Sicilia sud orientale.
Lapo Mazzei Lapo MazzeiFilippo Mazzei Filippo MazzeiFrancesco Mazzei Francesco Mazzei
The present
Today, after almost six centuries, the Mazzei family – under the guidance of Lapo, who oversees the property with the help of his sons, Filippo and Francesco, - still devotes itself to winemaking, with a constant commitment, an eye towards innovation and an abiding respect for the land.

To keep alive the historical and traditional family values, adapting them to the demands of today’s marketplace while examining the opportunities offered by advanced technological applications: this is the objective towards which the Mazzei family are guiding the company.

This is the thinking behind several important strategic moves, such as the decision to adopt the most advanced systems of environmental protection (starting with generating our own energy), or, in another sector, the creation of a true winemaking Group, through the acquisition of vineyards in the two areas widely perceived as the most promising in Italy: Maremma and southeastern Sicily.

Storia

La storia della famiglia Corsini



Credere nel domani, lavorare sodo e anche rischiare quando il mercato richiede intraprendenza. Una lezione tutta fiorentina che i Corsini, giunti in città da Poggibonsi alla fine del 1100, impararono con successo. Prima commercianti e poi banchieri, imboccando spesso anche la carriera politica e religiosa.
Andrea Corsini (nato a Firenze nel 1302 e morto a Fiesole il giorno della befana del 1374), vescovo di Fiesole nel 1373, salì tre secoli dopo all’onore degli altari (Sant’Andrea, 1624) mentre Pietro Corsini seguì da cardinale Urbano V nell’esilio di Avignone, favorendo il ritorno del pontefice a Roma.

All’alba del Quattrocento, la crisi bancaria, provocata dall’insolvenza di Edoardo III, spinse Matteo Corsini a ricostruirsi una posizione in Inghilterra e tornato in Toscana a investire nell’acquisto di terre.
La solidità economica è raggiunta con Filippo e Bartolomeo Corsini che nel Cinquecento aprirono un banco a Londra e organizzarono un servizio postale privato in grado di recapitare le lettere a Firenze in meno di tre giorni. A loro si deve la costruzione dell’enorme patrimonio immobiliare e fondiario protetto attraverso i fidecommessi (forse venendo dalla Gran Bretagna si saranno ispirati al trust per proteggere il grande patrimonio).
Bartolomeno (1622-1685) figlio di Filippo che aveva fatto soldi in Inghilterra e suo figlio Filippo (1647-1705) furono gli artefici del Palazzo Corsini sul Lungarno realizzato nello stile oggi definito Barocco fiorentino. I due Palazzi fiorentini - su Lungarno e in Via del Prato -  segnano, nel corso del Seicento, l’infittirsi dei rapporti della famiglia con il mondo dell’arte. Nella prima metà del secolo fu anche edificata la cappella nella Chiesa del Carmine, dedicata a Sant’Andrea Corsini e prese forma, nel palazzo che domina l’Arno, la Galleria Gentilizia dove confluirono moltissimi capolavori.
L’apoteosi della famiglia ha come data il 1730, quando dopo quattro mesi di Conclave, all’età di 78 anni sale al soglio pontificio, che terrà per dieci anni, Lorenzo Corsini (1652-1740) col nome di Clemente XII. Un mecenate e un uomo colto per la cui scelta furono anche determinanti le qualità e conoscenze in campo finanziario. Lo si ricorda soprattutto come fondatore dei Musei Capitolini e committente della Fontana di Trevi, delle nuove facciate di San Giovanni in Laterano e di Santa Maria Maggiore, della costruzione del Palazzo della Consulta a Roma come dei porti di Anzio, Ravenna e Ancona.
Papa Clemente
Uno dei nipoti, Bartolomeo, prediletto del papa, ricoprì la carica di comandante della Cavalleria Romana, fu Viceré di Sicilia e Grande di Spagna.
Con l’Ottocento si moltiplicano gli incarichi politici affidati ad esponenti della famiglia Corsini, prima, durante e dopo la Restaurazione fino a Tommaso Corsini, deputato del Regno d’Italia dal 1865 al 1882, senatore a vita, nonché fondatore della Fondiaria Assicurazioni, presidente della Cassa di Risparmio di Firenze, impegnato tra l’altro nel settore elettrico e ferroviario. Fu anche archeologo sulle proprie terre, portando alla luce la famosa fibula Corsini, tesoro di gioielleria etrusca, conservata al Museo Archeologico di Firenze. Con un atto di generosità e lungimiranza cedette allo Stato italiano il Palazzo della Lungara a Roma donando le sue collezioni di dipinti, stampe e libri. Sempre qui ha sede l’Accademia dei Lincei di cui fu promotore.

Il Principe Tommaso (VIII Principe di Sismano, 1903-1980) nipote di Tommaso, partecipò alla vita politica italiana contribuendo come deputato dell’Assemblea Costituente alla carta costituzionale della Rebubblica Italiana. Grande esperto di agricoltura e di allevamenti, contribuì all'ammodernamento dei due settori in Toscana e in Umbria. Sua moglie, Donna Elena, riuscì a salvare la Galleria Corsini e molti altri tesori d'arte dai bombardamenti e dal passaggio del fronte durante la II guerra mondiale.
Il figlio Filippo IX (1937) e attuale Principe di Sismano, è sposato con Giorgiana Avogadro di Valdengo e Collobiano. È padre di Duccio (1964), Duca di Casigliano, sposato con Clotilde Trentinaglia de Daverio, dalla cui unione sono nati Filippo, Elena Clarice e Selvaggia; di Elena Sabina (1966) sposata con Brando Quilici da cui Corso; Nencia (1969), sposata con Benedetto Bolza, da cui Giorgiana, Nerina, Vita, Olimpia, Geza; Elisabetta Fiona (1969) sposata con Diego di San Giuliano, da cui Leone, Neri e Zara Boatto e Fiamma, Fabiola e Lucio di San Giuliano.

La nuova generazione


History

The Corsini family’s history


Believing in the future, working hard and even taking the risk when the market requires resourcefulness: an ‘all-Florentine’ lesson that the Corsini family learned successfully when they arrived in Florence from Poggibonsi at the end of the 1100s. Initially, they were merchants and then bankers, often finding their way into political and religious careers.
Andrea Corsini (born in Florence in 1302 and died in Fiesole on Epiphany in 1374), Bishop of Fiesole in 1373, was canonized three centuries after his death (Sant’Andrea, 1624) while Pietro Corsini followed Pope Urban V into exile in Avignon as a Cardinal, and supported the Pope’s return to Rome.

At the beginning of the 15th century, the banking crisis, which had been caused by the insolvency of Edward III, forced Matteo Corsini to recover his position in England thus returning to Tuscany where he invested in land.
Economic solidity was achieved with Filippo and Bartolomeo Corsini who estabilished a bank in London in the 16th century, as well as having organized a postal service capable of delivering letters to Florence in less than three days. They were responsible for the accumulation of a vast protected wealth in real estate and land ownership entailment (perhaps, having come from Great Britain, they had been inspired by trusts to protect their great wealth).
Bartolomeno (1622-1685), son of Filippo who had made his fortune in England, and his son Filippo (1647-1705) were responsible for the construction of Palazzo Corsini on the Lungarno built in what is now referred to as Florentine Baroque style. The two Florentine Palazzos – one on the Lungarno and the other in Via del Prato – mark the intensification in the family’s relationship with the art world in the 17th century. The chapel in the Chiesa del Carmine, dedicated to Sant’Andrea Corsini, was built during the first half of the century, while the Galleria Gentilizia, where many works of art were preserved, was developed in the Palazzo which dominates the Arno river.
The family’s triumph is dated 1730 when, after four months of Conclave, Lorenzo Corsini (1652-1740) ascended to the papal throne, which he held for ten years, as Clement XII. He was a patron of the arts and a cultivated man; his having been chosen pope was also determined by his acquired qualities and knowledge in the field of finance. Above all, he is remembered as the founder of the Capitoline Museums and patron of the Trevi Fountain, of the new façades of San Giovanni in Laterano and Santa Maria Maggiore, the construction of the Palazzo della Consulta in Rome as well as the ports of Anzio, Ravenna and Ancona.

Pope ClementBartolomeo, one of the Pope’s favourite nephews, held the position as Commander of the Roman Cavalry, became the Viceroy of Sicily and Grande of Spain.
In the 19th century, the political mandates entrusted to representatives of the Corsini family multiplied, before, during and after the Restoration up to Tommaso Corsini, who was a deputy of the Regno d’Italia from 1865 to 1882, a life senator, as well as the founder of Fondiaria Assicurazioni, and President of the Cassa di Risparmio di Firenze. Among other things, he was involved in the electricity and railway sectors as well as being an archaeologist on his own lands: he brought the famous Fibula Corsini, a treasure of Etruscan jewellery, to light. It is now kept in the Archeological Museum of Florence. With an act of generosity and far-sightedness, he gave the Palazzo della Lungara in Rome to the Italian State and donated his entire roman collection of paintings, prints and books. The Accademia dei Lincei, which he founded, still has its premises in this location.
           
Principe Tommaso (VIII Prince of Sismano, 1903-1980) nephew of Tommaso took part in Italy’s political life as a Constituent Assembly deputy for the constitution of the Italian Republic. As an expert in agriculture and breeding, he contributed to the modernization of these two sectors in Tuscany and Umbria. His wife, Donna Elena, managed to save the Galleria Corsini and many other treasures from bombardments and the crossing of the front line during World War II.
Their son, Filippo IX Prince of Sismano (1937), is married to Georgiana Avogadro di Valdengo e Collobiano. He is the father of Duccio (1964), Duca di Casigliano, married to Clotilde Trentinaglia de Daverio, with their three children, Filippo, Elena Clarice and Selvaggia; Elena Sabina (1966) married to Brando Quilici with their son Corso; Nencia (1969), married to Benedetto Bolza, with their children Giorgiana, Nerina, Vita, Olimpia, Geza; Elisabetta Fiona (1969), married to Diego di San Giuliano, with her children Leone, Neri and Zara Boatto and Fiamma, Fabiola and Lucio di San Giuliano.

The new generation

domenica 29 gennaio 2012

IL ROSSO DI MONTALCINO

Montalcino, terra votata alla qualità, non si limita al Brunello nel campo dei vini di pregio.
Forse per questo, per la prima volta in Italia, ai produttori di questa zona è stato concesso di ottenere, dagli stessi vigneti, due vini a denominazione di origine in base a precise valutazioni tecniche: il Brunello, destinato al lungo invecchiamento, ed il Rosso di Montalcino, vino più giovane che unisce ad una superba struttura doti di particolare vivacità e freschezza. Già apprezzato e conosciuto con varie denominazioni, il Rosso di Montalcino ha acquisito precisa identità ed ufficiale riconoscimento con il passaggio alla DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA (D.P.R. 25/11/83 e successive modificazioni).
Valida alternativa per il cantiniere, lo è anche per il consumatore esigente. Il Rosso di Montalcino è armonico, elegante, sapido, non di grande impegno ma di piacevole abbinamento.
Il Rosso di Montalcino all'aspetto è brillante e limpido, con colore rubino composito; all'olfatto ha buona intensità e fragranza , si riconoscono profumi di frutti freschi.
All'analisi gustativa il vino risulta armonicamente asciutto, ha nerbo e freschezza con buona persistenza aromatica. E' vino di pronta beva particolarmente suadente. Non è da conservare a lungo, il vino preferisce essere bevuto in età giovanile anche se ben resiste all'invecchiamento.
Abbinamenti con il Rosso di Montalcino
Le sue caratteristiche sono esaltate dai piatti tipici della cucina toscana dal gusto schietto e deciso ma, ugualmente, potrà accompagnare, valorizzandole, le più diverse proposte della cucina internazionale.
Si abbina a piatti di media struttura, quali primi di pasta con sugo di carne, di pollame, di funghi o tartufi, risotti compositi; secondi preparati con carni di maiale o vitello salsato.
Deve essere servito in calici di cristallo per vini rossi ad una temperatura di circa 18°C.

Disciplinare di produzione del Rosso di Montalcino

Il Rosso di Montalcino ha avuto il riconoscimento della DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA con D.P.R. 25/11/1983, successivamente sono state apportate varie modifiche. Di seguito sono riportate le norme previste dal Disciplinare vigente così come previsto dal Decreto 7/6/1996.
- Zona di produzione: Comune di Montalcino
- Vitigno: Sangiovese (denominato a Montalcino, "Brunello")
- Resa massima dell'uva: 90 quintali per ettaro
- Resa dell'uva in vino: 70%
- Immissione al consumo: 1° Settembre dell'anno successivo alla vendemmia
- Colore: rosso rubino intenso
- Odore: profumo caratteristico ed intenso
- Sapore: asciutto, caldo, un po' tannico
- Gradazione alcolica minima: 12% Vol.
- Acidità totale minima: 5 per mille
- Estratto secco netto minimo: 22 per mille
- Imbottigliamento: può essere effettuato solo nella zona di produzione
- Confezionamento: il Rosso di Montalcino può essere posto in commercio solo se imbottigliato in confezioni di tipo bordolese.

IL BRUNELLO DI MONTALCINO

Il Brunello di Montalcino DOCG, il Rosso di Montalcino DOC, il Moscadello di Montalcino DOC, il Sant’Antimo DOC sono prodotti solo ed esclusivamente nel territorio del Comune di Montalcino.

Il "Brunello di Montalcino" è ottenuto da uve di Sangiovese, un vitigno chiamato tradizionalmente, a Montalcino, "Brunello".
Il disciplinare di produzione stabilisce che la produzione massima di uva per ettaro sia inferiore a 80 q.li/ha (circa 52 hl./ha di vino). Regola l'immissione in commercio che avviene il I° gennaio del quinto anno dopo la vendemmia. Durante questo lungo periodo, il vino deve trascorrere almeno due anni in botte di legno e almeno quattro mesi di affinamento in bottiglia. Il periodo di conservazione in bottiglia cresce fino a sei mesi per il tipo riserva che entra in commercio un anno dopo.

Il "Rosso di Montalcino" DOC dimostra la versatilità del territorio di Montalcino che, con lo stesso vitigno Sangiovese, è in grado di produrre anche un vino adatto per essere bevuto più giovane. Infatti il Rosso di Montalcino può entrare in commercio dal 1° settembre successivo alla vendemmia. E’un vino DOC a partire dalla vendemmia 1984 ed  è prodotto con sole uve di Sangiovese. Il Rosso di Montalcino è caratterizzato da freschezza e fruttuosità, valida alternativa per il cantiniere e per il consumatore.

Un ulteriore passo nella direzione del completamento della piramide produttiva dei vini di Montalcino è stato fatto con l'introduzione, a partire dalla vendemmia 1996, dell'ultima denominazione di origine : il “Sant'Antimo”. Si tratta di una denominazione che comprende sia vini bianchi che rossi, anche con l’indicazione del vitigno.

Il “Moscadello di Montalcino” è un vino bianco da dessert a Denominazione di Origine Controllata. Ha un’antica tradizione produttiva a Montalcino e persino il poeta Ugo Foscolo ne scrive in una sua lettera.  Grazie all’opera di alcuni appassionati viticultori sta vivendo una nuova stagione. E’ prodotto con uve Moscato sia nelle tipologie Tranquillo, Frizzante e Vendemmia tardiva.
 
 

FOTO DEL CHIANTI

CONFERENZA INTERNAZIONALE DELL'ENOTURISMO 2012

Sarà Perugia l’epicentro internazionale del turismo del vino. Dal 30 gennaio al 2 febbraio 2012 infatti centinaia di operatori dell’enoturismo provenienti da 45 Paesi si incontreranno in Umbria per la Conferenza Internazionale sul turismo del vino. L’annuncio è stato dato oggi in una conferenza stampa dalla presidente del Movimento Turismo del Vino (main sponsor dell’evento), Chiara Lungarotti, dall’assessore regionale all’Agricoltura e Politiche agroalimentari, Fernanda Cecchini, dal presidente del Movimento Turismo del Vino Umbria, Ernesto Sportoletti e dal presidente dell’Ente organizzatore ‘Wine Pleasures’, Anthony Swift.

Il principale focus itinerante su un settore che oggi vale fino a 5 miliardi di euro l’anno, dopo Spagna e Portogallo, farà tappa per la prima volta in Italia e ospiterà oltre 300 professionisti del vino e dei viaggi provenienti da tutto il mondo. Nella conferenza - in programma all’Hotel Giò Wine & Jazz Area di Perugia – primo piano con 40 relazioni su enoturismo, case history da tutto il mondo e possibilità offerte dai social media, vero traino per uno dei pochi comparti turistici in crescita continua.

”L’evento farà da volano a un’economia che ha ancora ampi margini di crescita in Umbria come in tante altre aree enologiche del Paese. Oltre alla conferenza – ha detto la presidente Chiara Lungarotti – sono previsti educational per giornalisti e operatori anche nelle Marche, in Toscana e in Campania. Il Movimento Turismo del Vino – ha aggiunto – con le sue mille cantine italiane selezionate per qualità dell’accoglienza e qualità delle produzioni, ha ritenuto fondamentale essere partner di un evento di grande importanza sia per l’offerta che per la domanda di vacanze”.

Il Territorio umbro – con 190 aziende vitivinicole di cui 62 socie del Movimento Turismo del Vino regionale – ha costituito per l’occasione un “Tavolo di lavoro” che vede la partecipazione della Camera di Commercio Umbria, del Centro Estero Umbria, della Regione (assessorato all’Agricoltura) e del Coordinamento delle Strade del Vino, ognuno con progetti di collaborazione nell’evento dedicati e strutturati. Questo per supportare le Presidenze del Movimento Turismo del Vino nazionale e regionali, official supporter and partner dell’evento.

“Anche la Regione Umbria - ha spiegato l’assessore regionale all’Agricoltura e Politiche agroalimentari, Fernanda Cecchini – collaborerà attivamente all’iniziativa. Questo tavolo focalizzato sulla conferenza, sarà un valido strumento per promuovere al meglio i nostri territori e la nostra enogastronomia”. Ed è proprio lo stretto rapporto tra destinazioni e prodotti la carta vincente di un settore che è pronto a scommettere su un’ulteriore crescita. Da un’indagine del Censis, infatti, nonostante il trend positivo dell’ultimo decennio, il turismo enogastronomico ha sviluppato appena il 20% del suo potenziale. Sono almeno 3 milioni i turisti che scelgono percorsi legati al vino e all’enogastronomia, con una spesa media di 193 euro al giorno, ben oltre la media generale di spesa della vacanze in Italia.

Per l’organizzatore di ‘Wine Pleasures’, Anthony Swift, che ha anticipato alcuni dati frutto di una ricerca di mercato presso 500 cantine in tutto il mondo “il 69% degli intervistati ritiene che l’enoturismo sia una leva fondamentale per l’affermazione di un brand territoriale, mentre – tra i benefici – è forte quello dei ricavi prodotti (62%) e dalla possibilità di creare posti di lavoro e nuove figure professionali (36%)”.

L’evento è composto da cinque sessioni plenarie sul turismo del vino con l’obiettivo di stimolare discussioni pratiche su un’ampia gamma di aspetti legati al settore e al turismo eno-gastronomico. Ogni giornata prevede un ‘post convegno’ con degustazioni dedicate; tra queste, l’Italy Grand Tasting a cura del ‘Master of Wine’, Jane Hunt. L’ultima giornata è dedicata al Workshop sul Turismo del Vino: una piattaforma per comprare e vendere pacchetti enoturistici, prodotti del turismo eno-gastronomico e servizi correlati.


Per informazioni:
Web: http://www.movimentoturismovino.it/
Web: http://www.iwinetc.com/

sabato 28 gennaio 2012

LA STORIA DELLO CHAMPAGNE

Non posso vivere senza champagne. In caso di vittoria, lo merito, in caso di sconfitta, mi consola.”
Winston Churchill

Lo champagne è probabilmente l’unico vino al quale sia stato attribuito un inventore, l’abate benedettino Dom Pérignon, anche se esistono varie versioni sulla sua origine.
I vini della regione della Champagne erano conosciuti fin dal medioevo; venivano prodotti principalmente dai monaci delle numerose abbazie presenti nella regione, che lo usavano come vino da messa. Ma anche i regnanti francesi apprezzavano molto questi vini, fini e leggeri, tanto da offrirli in segno di omaggio agli altri regnanti europei. Si trattava però principalmente di vini fermi, quindi senza spuma, e rossi.
Le guerre ed i saccheggi che nel 1600 devastarono la regione, causarono la distruzione e l’abbandono delle abbazie e dei conventi, e quindi il decadimento delle annesse vigne.
Intorno al 1670 Pierre Pérignon, giovane frate benedettino, giunse all’abbazia d’Hautvillers, vicino Épernay.con l’incarico di tesoriere; egli trovò il convento, e le vigne, in uno stato di totale abbandono, e si adoperò per rimetterle in sesto.
Il suo lavoro fu indirizzato principalmente alla produzione del vino; da perfezionista qual era, si applicò alla selezione delle uve migliori (la sua scelta cadde sul pinot noir), al privilegiare i terreni più vocati alla produzione, ad affinare le tecniche del taglio dei vini (assemblaggio di uve dello stesso tipo provenienti da zone diverse), ed a preferire una spremitura dolce per ottenere un mosto chiaro anche se da uve a bacca nera (tutte tecniche caratteristiche ancora oggi della produzione dello champagne).
Rimane il dubbio sulla genesi della trasformazione del vino fermo in vino spumante.
Una versione afferma che lo champagne sia nato casualmente per errore durante il processo di vinificazione di alcuni vini bianchi; tale errore avrebbe causato lo scoppio di alcune bottiglie poste ad affinare in cantina, e quindi portato alla scoperta da parte dell’abate della “presa di spuma”.
Un’altra versione afferma che l’abate, per rendere più gradevole il vino prodotto, vi aggiungesse in primavera dei fiori di pesco e dello zucchero, tappando successivamente la bottiglia con tappi di legno di forma tronco-conica; allo stappare della bottiglia si produceva della spuma.
Un’ulteriore versione afferma che i viticultori che usavano vinificare le uve di pinot si fossero resi conto che il vino ottenuto invecchiava male nelle botti, per cui decisero di imbottigliarlo subito dopo la fermentazione; nelle bottiglie questo vino conservava efficacemente gli aromi, ma aveva il difetto di diventare naturalmente spumante, il che comportava lo scoppio di molte bottiglie.
Quale che sia la versione, l’abate arrivò alla conclusione che la spuma fosse dovuta ad una rifermentazione (dovuta o ad errori nella vinificazione, o all’aggiunta di lieviti - contenuti nei fiori di pesco - e di zucchero) del vino, con conseguente produzione di anidride carbonica.
A questo punto, resosi conto della gradevolezza del vino “spumante”, decise di perfezionarne la produzione

I VINI FRANCESI

Sebbene dal 2008 l’Italia sia diventato il primo esportatore mondiale di vino , alla Francia va riconosciuto il merito di essere la culla dell’enologia moderna , come oggi la conosciamo. E’ in Francia che “fare il vino” da mestiere è diventato un arte.
E’ sempre in Francia che , in occasione dell’esposizione universale di Parigi del 1855 , l’imperatore Napoleone III introdusse la prima classificazione dei vini per determinarne la quantità : dai Premier Cru fino al quinto Cru.
Intorno al 1930 , sempre in Francia , vennero introdotto le denominazione di origine sotto il nome di AOC (Appellation d'Origine Contrôlée ) , che saranno poi riprese in Italia dopo il secondo dopoguerra con le DOC ( Denominazioni di origine controllata ) .

Sempre in Francia le aziende produttrici hanno iniziato a sviluppare i loro Brand fino a farli diventare quasi degli oggetti di culto nell'enologia mondiale : da Chateau Lafite Rotschild nella regione di Bordeaux a Chateau LaTour in Borgogna , a Chateau d'Yquem per i vini dolci di Sauternes e Barsac , per finire ai grandi Champagne di Louis Roederer , Moet & Chandon ( la Maison produttrice del mitico Dom Perignon .. non a caso ormai appartenente alla holding del lusso Luis Voutton ) , Ruinart , Krug.

Fra le principali AOC francesi ricordiamo :
Champagne AOC : denominazione concernente soprattutto la vinificazione in bollicine con il metodo champenoise
Bordeaux AOC : i vini della regione del Bordeuax , forse la più famosa regione vitivinicola del mondo
Sauternes-Barsac AOC : seppure si trovi nella regione vinicola di Bordeaux , merita certamente una menzione a parte , perché Sauternes e Barsac sono giustamente riconosciuti come la patria dei vini dolci e affetti da muffe nobili. Tuttora continuano a rappresentare l'eccellenza della produzione mondiale di vini dolci.
Bourgogne AOC : vini della Borgogna , che si trova nella zona nord –orientale della Francia , fra Parigi e la Germania. E’ seconda per fama forse solo alla zona di Bordeaux
Alsace AOC : l’Alsazia si trova al confine con la Germania , nella zona nord-orientale ed è la culla dei vini dolci , passiti e a vendemmia tardiva
Beaujolais AOC : fra i tanti primati , la Francia è anche la patria di quello che noi chiamiamo vino novello. La macerazione carbonica , utilizzata per avere vini bevibili già dal mese di Dicembre è originaria di questa regione francese
Côtes du Rhône AOC : la valle del Rodano taglia longitudinalmente la Francia dalla Savoia fino alla Provenza. In questa regione si trova Avignone e infatti un grosso impulso anche allo sviluppo qualitativo della regione si ebbe con l’arrivo dei Papi che la scelsero come sede per quasi tutto il XIV secolo
Cotes de La Loire : la regione della Loira non costituisce una sua AOC , ma comprende un elevato numero di denominazioni AOC , con un ampio spettro di tipologie : bianchi , rossi , frizzanti ( è la seconda regione per produzione di vini frizzanti dopo la regione degli Champagne ) , dolci come i  Muscadet
Provence e Languedoc Roussillon : la Provenza e la Languedoc Roussillon sono due regioni meridionali della Francia , lungo la costa mediterranea , divise dalla foce del Rodano.

IL VINO NEGLI USA

California

Il celebre stato Americano ha fatto del vino una delle sue attività caratteristiche. I suoi vini sono conosciuti in tutto il mondo ed è in quest'area che si produce la quasi totalità del vino degli Stati Uniti d'America


 Sono molte le cose che vengono solitamente associate alla California, il celebre stato Americano della costa occidentale, e una di queste è certamente il vino. Nonostante la produzione del vino sia molto più recente che in Europa, la California è oggi considerata fra le aree produttive più rilevanti del mondo e, non a caso, i suoi produttori sono piuttosto aperti alle innovazioni e alla sperimentazione di nuovi vini e nuove metodologie. Probabilmente questo è dovuto alla mancanza di una lunga storia enologica, come nel caso dell'Europa, e pertanto non avendo nessun modello “tradizionale” a cui essere legati, la produzione è generalmente più libera ed intraprendente. La California può essere definita come “il grande serbatoio del vino Americano”, in quanto è proprio in questo stato che si registra la più alta produzione degli Stati Uniti d'America. Oltre il 90% del vino Americano è prodotto in California.
 L'influsso della California nella produzione vinicola degli altri stati Americani è sempre stata, e continua ad essere, un punto di riferimento ed è proprio in questo stato che vengono creati i vini che influiscono lo stile della produzione di tutto il paese. Va ricordato che lo stile Californiano è, per molti aspetti, basato su quello Francese, in modo particolare ai vini di Bordeaux, Borgogna e della Valle del Rodano. La superficie destinata alla coltivazione dell'uva è piuttosto considerevole, circa 1750 chilometri quadrati, e comprende la maggioranza del territorio Californiano. Nonostante la produzione del vino in California sia iniziata pochi secoli fa, vivendo periodi piuttosto alterni di buona fama e periodi di recessione, sia dovuti a vicende naturali, come la fillossera, sia a vicende politiche, come il proibizionismo all'inizio del secolo scorso, il radicale cambiamento che ha portato all'attuale condizione si verificò solamente negli anni 1960.

La California
La California

 Probabilmente il successo dell'enologia Californiana è proprio legato alla sua recente storia vinicola: l'assenza di tradizioni specifiche da mantenere o da seguire ha reso possibile l'attuazione di pratiche moderne e innovative che nel breve periodo di poche decine di anni hanno consentito di raggiungere risultati notevoli. Ovviamente il successo della California non è solamente determinato da scelte produttive ma anche, e soprattutto, dalle favorevoli condizioni climatiche, geologiche e ambientali. La California è spesso considerata come il “Mediterraneo del Nuovo Mondo”, terra ideale e vocata alla coltivazione della vite e alla produzione del vino e i fatti sembrano confermare questa ipotesi. Il successo dei vini Californiani è anche dovuto agli ingenti investimenti economici che furono operati nell'industria del vino e che ben presto diedero eccellenti risultati. Nel breve periodo di pochi anni, verso la metà degli anni 1970, i vini Californiani avevano già conquistato notorietà in Europa e spesso, nelle manifestazioni enologiche, riuscivano ad essere vincitori su quei vini che avevano preso come modello: i vini Francesi.
 Anche le uve coltivate in questo stato riflettono chiaramente le scelte produttive del vino Californiano. La mancanza di specie autoctone - a parte lo Zinfandel, già conosciuto all'inizio del XIX secolo - le uve impiegate nei vini Californiani sono per la maggior parte internazionali e in minore parte uve Italiane. Le uve più diffuse in California sono lo Chardonnay, per le bianche, e il Cabernet Sauvignon per le uve a bacca rossa. Le uve a bacca bianca principali della California sono lo Chardonnay e il Sauvignon Blanc, tuttavia sono coltivate anche il Riesling, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Sémillon, Viognier, Chenin Blanc, Gewürztraminer, Colombard, Marsanne, Roussanne e Moscato Bianco. Le varietà di uve a bacca rossa più importanti della California sono il Cabernet Sauvignon, Zinfandel, Merlot, Pinot Nero e Syrah seguite da Cabernet Franc, Carignano, Grenache Noir, Malbec, Mourvèdre, Petite Sirah, Petit Verdot, Barbera e Sangiovese. Lo Zinfandel, divenuto famoso negli Stati Uniti vinificato in bianco (white Zinfandel), è fra le uve più antiche della California. Pare che lo Zinfandel fosse noto in California già all'inizio del XIX secolo e molti lo credevano un vitigno autoctono. Recenti indagini sul DNA hanno potuto rivelare che è geneticamente identico al Primitivo. Ulteriori ricerche sulle sue caratteristiche genetiche hanno scoperto che l'uva ha una forte e stretta somiglianza con il Plavac Mali, un'uva originaria della Dalmazia, ritenuta quindi progenitrice dello Zinfandel e del Primitivo. In California si produce praticamente ogni tipo di vino, dai bianchi ai rossi secchi, ai vini dolci fino ad interessanti spumanti metodo classico.


La Classificazione dei Vini Californiani


 I vini Californiani sono classificati in accordo al sistema di qualità in vigore negli Stati Uniti d'America in cui si prevede la divisione territoriale delle aree vinicole. Il sistema prende il nome di AVA (American Viticultural Areas, Aree Viticolturali Americane). Il sistema di qualità Americano è spesso oggetto di critiche a causa del basso numero di norme circa le pratiche enologiche e culturali, un sistema che si ritiene piuttosto vago e permissivo ma che certamente consente ai produttori maggiori possibilità nell'iniziativa personale. Il sistema generalmente garantisce che le uve impiegate per la produzione di un vino siano state coltivate in un'area specifica e in genere con una quota minima del 75%.
 Nel sistema non sono previste categorie di qualità crescente, come accade, per esempio, in Francia o in Italia, tuttavia il sistema prevede delle divisioni che definiscono l'estensione dell'area vinicola in accordo alle divisioni amministrative della nazione. Le denominazioni riconosciute nel sistema AVA sono le seguenti: American or United States (Americano o Stati Uniti), Multi-State Appellation (Denominazione multi-statale), State Appellation (Denominazione statale), Multi-County Appellation (Denominazione di multi-contea) e County Appellation (Denominazione di contea).


Napa Valley



 
 La Napa Valley è certamente l'area vinicola più famosa della California. Questa area, che si trova a circa 90 chilometri a nord-est da San Francisco, nonostante la sua fama e la sua importanza nello scenario enologico del paese, produce circa il 4% di tutto il vino Californiano. Il successo dei vini della Napa Valley sono dovuti sia alle sue condizioni ambientali ma anche alla determinazione e alla volontà di uno dei suoi più celebri produttori: Robert Mondavi. Il protagonista indiscusso dei vigneti della Napa Valley è certamente il Cabernet Sauvignon capace di produrre vini di qualità eccellente. Fra i vini bianchi sono interessanti quelli prodotti con Chardonnay, l'uva più diffusa della zona, e Sauvignon Blanc, mentre per i vini rossi, oltre al Cabernet Sauvignon, interessanti esempi sono offerti dal Merlot e dallo Zinfandel. Va comunque ricordato che i vini Americani che riportano in etichetta il nome di una sola varietà d'uva - i cosiddetti mono-varietali - possono contenere fino al 25% di altre varietà, ed questa è la pratica enologica più comune per i vini della California.
 La Napa Valley è classificata come AVA, tuttavia all'interno del suo territorio sono definite altre aree viticolturali di cui le più importanti sono Atlas Peak, Howell Mountain, Mount Veeder, Oakville, Rutherford, Spring Mountain e Stags Leap District. Nella Napa Valley, come in altre zone della California, esiste anche un'interessante produzione di spumanti metodo classico, generalmente definiti come methode champenoise. La produzione di vini spumanti è piuttosto interessante e coinvolge non solo i produttori locali ma anche alcune aziende produttrici della Champagne che hanno acquistato a Napa Valley terreni con lo scopo di produrre spumanti. Il risultato è una produzione di tutto rispetto e che ha saputo, con i fatti, smentire i pregiudizi che hanno interessato i vini spumanti prodotti in California per molti anni.


Sonoma


 Poco a nord di San Francisco e a sinistra della Napa Valley, si trova Sonoma, una delle aree vinicole più importanti della California. A causa della vicinanza alla costa dell'oceano Pacifico, il clima di Sonoma è piuttosto diverso da quello della Napa Valley. L'alternanza di nebbia e sole, notti fresche e giornate calde, è piuttosto frequente in questa area, una caratteristica che influisce, ovviamente, anche sui vini che qui si producono. A Sonoma si coltivano praticamente tutte le varietà di uve diffuse in California e nessuna di queste contraddistingue l'area in modo particolare, tuttavia la zona è piuttosto famosa per i vini bianchi prodotti con Chardonnay e per i rossi prodotti con Cabernet Sauvignon e Pinot Nero. In quest'area si producono inoltre interessanti vini da uve Zinfandel, Syrah, Petite Syrah e Viognier oltre ad un'interessante produzione di vini spumanti metodo classico.
 All'interno della contea di Sonoma sono definite altre AVA fra cui le più importanti sono l'Alexander Valley, Russian River Valley (che a sua volta include le AVA di Green Valley e Chalk Hill), Dry Creek Valley e Sonoma Valley (che include l'AVA Sonoma Mountain). Fra queste l'AVA di Alexander Valley è certamente la più nota, soprattutto per i suoi vini da uve Cabernet Sauvignon e Chardonnay. La Russian River Valley, grazie al suo clima più fresco, si fa notare per i suoi vini da Pinot Nero e Chardonnay e, soprattutto, per i suoi interessanti spumanti metodo classico, mentre Dry Creek Valley è piuttosto celebre per i suoi vini prodotti con Zinfandel. A Sonoma Valley e a Sonoma Mountain le produzioni più interessanti riguardano vini prodotti con Cabernet Sauvignon, Pinot Nero e Chardonnay.


Carneros


 L'area vinicola di Carneros - i cui vigneti si trovano in parte nella contea di Sonoma e in parte nella contea di Napa - grazie alle sue caratteristiche climatiche e produttive, costituisce, di fatto, un'area di notevole interesse nello scenario enologico Californiano. Carneros si trova nella baia di San Pablo - la parte settentrionale della baia di San Francisco - e grazie al suo clima fresco, la zona è considerata fra le più interessanti soprattutto per le uve Chardonnay e Pinot Nero, di cui gran parte sono utilizzate per la produzione di spumanti metodo classico. Carneros produce anche interessanti vini secchi con le stesse uve e con risultati decisamente convincenti e interessanti. Un'uva che sta progressivamente aumentando la sua presenza in Carneros e il Merlot mentre fra le uve bianche di rilievo troviamo il Pinot Bianco. Grazie alle sue condizioni ambientali e climatiche, Carneros ha riscosso l'attenzione di produttori di spumanti del “vecchio continente”, in particolare Francesi e Spagnoli, che qui hanno avviato interessanti produzioni di spumanti metodo classico.


Mendocino e Lake County


 Mendocino e Lake County sono le zone vinicole più a nord della California e rappresentano, per certi aspetti, le aree più interessanti di tutto lo stato. Non solo il clima è più fresco - una condizione che ha favorito la diffusione dello Chardonnay e del Pinot Nero - ma qui i produttori sembrano essere più aperti ad altre varietà ottenendo buoni risultati. Il clima fresco, in particolare a Mendocino, ha inoltre favorito una buona produzione di spumanti metodo classico. In queste due aree sono presenti alcune varietà Italiane, fra cui il Fiano, Montepulciano e addirittura l'Arneis, ma anche altre uve meno diffuse in altre parti della California, come il Gewürztraminer, Riesling, Sauvignon Blanc, Pinot Bianco, Petite Syrah e Grenache Noir. Altre uve di rilievo per queste zone sono lo Zinfandel, con cui si producono interessanti vini, e il Syrah. Mendocino è famosa per avere attuato in modo concreto pratiche di viticoltura biologica e di agricoltura sostenibile, la prima area vinicola della California ad avere creduto in queste forme di viticoltura.


Sierra Foothills e Livermore Valley


 Nella parte orientale della California si trova l'AVA di Sierra Foothills, una zona piuttosto estesa di circa 250 chilometri quadrati e di cui le più interessanti aree produttive sono la AVA di El Dorado e la contea di Amador. Nell'AVA di El Dorado - un tempo celebre, pare, per l'oro che portò nella zona un'enorme quantità di cercatori - è una zona montuosa con clima fresco in cui le uve principalmente coltivate sono il Syrah, Zinfandel e Petite Syrah, tuttavia qui si trovano anche Barbera, Grenache Noir e Mourvèdre. La contea di Amador deve invece la sua fama allo Zinfandel che alcune cantine producono con risultati piuttosto interessanti, tuttavia qui sono inoltre prodotti vini con Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon, Chardonnay ed altre varietà di origine Italiana, come per esempio il Sangiovese e la Barbera. Poco a sud di San Francisco si trova invece la Livermore Valley, un'area vinicola fra le più antiche della California, non molto estesa ma comunque interessante. Le uve più importanti di quest'area sono il Sémillon, Sauvignon Blanc, Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Petite Syrah e Zinfandel.

giovedì 26 gennaio 2012

LE COLLINE DEL CHIANTI

VINO DI GENZIANA

Indicato per anoressia.
Ingredienti
  • 30 gr di radice di genziana
  • 1 litro di vino bianco o Marsala
Procedimento
Far macerare la genziana nel vino per 10 giorni, agitando la miscela una volta al giorno, poi filtrare il composto.
Dosi
1 bicchierino prima dei pasti.
Attenzione
Questo vino è controindicato a chi è predisposto alle emorragie e ai soggetti pletorici (problemi di metabolismo e circolatori

Vino all’aglio indicato per arteriosclerosi

Indicato per arteriosclerosi.
Ingredienti
  • 10 spicchi d’aglio (sbucciati)
  • 1 litro di vino bianco
Procedimento
Schiacciare l’aglio e farlo macerare nel vino per 10 giorni, poi filtrare e conservare in luogo fresco.

Vino chinato ricostituente e digestivo

Vino con caratteristiche ricostituente e digestivo.
Ingredienti
  • 1 litro di vino Marsala
  • 50 gr di estratto fluido di China
Procedimento
Miscelare gli ingredienti, lasciar riposare per 5 giorni, poi filtrare.
Dosi
Un bicchierino dopo i pasti come digestivo
Note
Negli ultimi anni il consumo di vino chinato ha ripreso una larga diffusione, soprattutto grazie ad alcuni produttori del territorio piemontese che hanno affiancato i classici prodotti con alcune partite di Barolo Chinato.
A certificare l’ampio successo di questa tipologia di vini è stata da tempo riconosciuta alla denominazione Barolo una tipologia di origine controllata chiamata, ovviamente, Barolo Chinato.
Per poter quindi gustare al meglio questa miscela digestiva non è più necessaria la produzione autonoma ma ci si può piacevolmente affidare a chi ne ha realizzato un prodotto di mercato.
Dosi
2 bicchierini ai pasti.