sabato 18 febbraio 2012

DOVE IL VINO POTEVA CHIAMARSI CHIANTI

A partire dal XIX secolo la terra del Chianti dal punto di vista vinicolo incluse progressivamente le valli della Pesa e dell'Arbia e quasi tutta la val di Greve in quanto le loro caratteristiche ambientali non erano dissimili da quelle del Chianti storico e producevano un vino altrettanto pregiato.
Il riconoscimento ufficiale fu sancito con una legge del 1932 che inserì nel territorio di produzione tutta la Toscana centrale: un'area suddivisa in sette sottozone (Classico, Colli aretini, Colli fiorentini, Colline pisane, Colli senesi, Montalbano, Rufina) che avevano l'obbligo di produrre il vino con i tradizionali vitigni chiantigiani (Sangiovese, Canaiolo, Malvasia a cui nel frattempo si era aggiunto anche il Trebbiano) e mantenere una qualità costante. Tali confini - ufficializzati geograficamente dalla carta dell'Istituto Geografico militare di Firenze - furono ribaditi nel 1967 con una legge denominata "Disciplinare del Chianti" che creò migliaia di ettari di vigneto specializzato e fissò una rigida regolamentazione che definiva la gradazione alcolica e l'invecchiamento necessari per ottenere la qualifica "Vecchio" o "Riserva" per i vini delle varie zone. Si istituiva inoltre la denominazione di origine controllata (Doc) estesa successivamente ad altri territori: Montespertoli, Cerreto Guidi, Gambassi, Agliana, San Miniato, tutti di antica tradizione vinicola; ma ad essi non era concesso aggiungere sull'etichetta l'indicazione di provenienza del loro "Chianti".
Il vino del Chianti classico fino al 1991 si fregiava del marchio "Gallo Nero", ma dopo varie vicende giudiziarie una sentenza ne sancì il diritto all'azienda vinicola americana "Gallo Winery" di Ernest e Julio Gallo. Nacquero così le denominazioni "Chianti classico" e "Chianti geografico" (quest'ultima scelta da un gruppo di fattorie chiantigiane); anche il marchio "Putto" (usato al di fuori del Chianti classico) mutava la sua denominazione in "Colli fiorentini".
Un punto fermo nei territori nel Chianti fu stabilito - anche se non certo in modo indolore - in un convegno svoltosi nel 1997 in cui fu ribadito che il Chianti era formato da tutti i territori di Radda, Castellina, Gaiole, Greve, mentre Barberino Valdelsa, San Casciano Val di Pesa, Castelnuovo Berardenga ne vedono escluse ampie zone e Poggibonsi ne è completamente estromesso.
L'appartenenza alla regione del Chianti e i suoi confini è dunque un problema sempre aperto e discusso e sta a testimoniare il fascino indiscusso di questa terra, oggi tanto ambita dagli stranieri, tedeschi e americani soprattutto, che la vivono con profondo rispetto.
Per quanto riguarda il vino Chianti, bisogna dire che oggi è decisamente diverso da quello regolamentato dal Barone di ferro: non solo la produzione massima rispetto ai vigneti è stata quasi dimezzata, ma, eliminate le uve bianche e ridotto il Canaiolo, oggi si valorizza il Sangiovese; la gradazione alcolica ha raggiunto i 12° e 12,5° per la riserva e l'invecchiamento nelle migliori aziende mediamente raggiunge - prima dell'immissione sul mercato - i ventiquattro mesi.
L'aroma è intenso, dal profumo di mammola che, spiccato nel Chianti classico, si va progressivamente affinando con l'invecchiamento. È un vino vivo e rotondo se governato nell'annata, che diviene col tempo morbido e vellutato.
Un vino che di questa terra è un simbolo, un vanto, una ricchezza storica.

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